La finestra di Leopardi by Mauro Novelli & Novelli Mauro

La finestra di Leopardi by Mauro Novelli & Novelli Mauro

autore:Mauro Novelli & Novelli Mauro [Novelli, Mauro & Mauro, Novelli]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2018-10-25T22:00:00+00:00


Le saporite nebbie emiliane di Guareschi

Le brume aleggiano sui campi, un cane guaisce in lontananza, in paese fumano i camini, gira poca gente col bavero alzato. Alle Roncole di Busseto calo con i primi freddi, per essere sicuro di trovare la quintessenza della Bassa padana. Subito si fa avanti la casa natale di Giuseppe Verdi, larga e rusticana, ma la meta è un’altra. Giusto dietro l’angolo, mi aspetta l’abitazione in cui Giovannino Guareschi si installò con la famiglia nel 1952, tornando nel Parmense dopo tanti anni a Milano, dove si era imposto come giornalista, umorista e narratore, grazie alla fortunatissima saga di don Camillo e Peppone. E allora Verdi mi scusi, pardon, do ragione volentieri a Gramsci, per il quale il melodramma è stato l’unica forma di romanzo popolare italiano, ma per fortuna nel secondo Novecento le cose sono cambiate, grazie a uno stuolo di abili e a volte geniali artigiani. Guareschi ha aperto loro la via, ricordandoci come la storia – anche quella della letteratura – non è fatta solo dai generali.

Appena giunto alle Roncole applicò il suo pirotecnico ingegno alla casa, studiando un’infinita serie di migliorie, a cominciare dalla costruzione di un garage con sovrastante granaio per i raccolti. Fece lavorare uno stuolo di muratori, lattonieri, fabbri, idraulici, falegnami, imbianchini, elettricisti, mettendo bocca su ogni minuzia di quella che in famiglia si cominciò a chiamare scherzosamente “L’Incompiuta”. Di lì a poco però il suo zelo venne meno, per una drammatica vicenda che lo fece finire in galera. Era stato condannato in un processo per diffamazione, intentato da Alcide De Gasperi, che lo querelò dopo aver letto sul “Candido” (diretto da Guareschi) due lettere del 1944 a lui attribuite, nelle quali chiedeva agli Alleati di bombardare Roma per piegare i nazifascisti. Cocciuto come sempre, lo scrittore non fece appello, non chiese la grazia, e nel maggio del 1954 andò a vedersi la nebbia a scacchi nel carcere di Parma, portando con sé il vecchio zaino con il quale dieci anni prima era entrato nel lager, facendosi deportare pur di non collaborare con i repubblichini. “Vado in prigione per essere libero!” esclamò con orgoglio: e dovette rimanerci oltre un anno, perché scattò un’altra condanna – in precedenza sospesa – rimediata in un processo analogo per una vignetta graffiante su Luigi Einaudi, allora presidente della Repubblica.

Dietro le sbarre, Guareschi non si perse d’animo. Al tavolo della cella scrisse fra l’altro soggetto, sceneggiatura e dialoghi del film Don Camillo e l’onorevole Peppone, imbacuccato fino ai baffi in un fagotto di coperte e asciugamani per difendersi dal gelo. Finalmente, il 4 luglio 1955 poté uscire fruendo della libertà vigilata, con l’obbligo di risiedere sei mesi nella casa delle Roncole, per la quale aveva progettato nel frattempo un’altra scarica di modifiche. La salute aveva ricevuto un brutto colpo dall’esperienza in carcere, ma l’animo restava pimpante. Nel 1957 decise di aprire un caffè annesso alla casa, naturalmente ideato da lui sin nei minimi particolari, compreso il cartello appiccicato alla vetrina dove si leggeva: IN QUESTO LOCALE NON C’È JUKE BOX.



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